Aboliamo il Mezzogiorno. Editoriale di Aldo Berlinguer. L’Unione sarda del 27 gennaio 2024

Aboliamo il Mezzogiorno

Continuano ad arrivare dati preoccupanti sulla mancata crescita del nostro Mezzogiorno. Tre cicli di programmazione, quasi mille miliardi di euro, non sono bastati a raggiungere gli obiettivi della politica di coesione europea. Lo confermano le analisi dell’Istat, che dice che, dal 2000 al 2020, i fondi Ue non hanno prodotto l’agognata crescita nelle Regioni più arretrate di Francia, Spagna, Grecia e soprattutto d’Italia, rispetto alle medie europee determinate, in particolare, dai Paesi dell’est.

Cosa non ha funzionato?

Anzitutto, il nostro Paese è notoriamente eterogeneo. Abbiamo infatti aree popolate ed aree pressoché disabitate, aree industrializzate ed aree rurali. Abbiamo zone infrastrutturate, centrali e periferiche, zone montane e zone insulari, marittime, lagunari, lacustri e fluviali. Insomma, un Paese estremamente frastagliato, diseguale, il nostro, che non può essere riassunto nella proverbiale dicotomia settentrione-meridione, il quale ultimo è un contenitore troppo vasto per essere rappresentativo di diverse realtà.

Come abbiamo pensato di perequare queste “diseguaglianze”? Anzitutto attraverso la Strategia Nazionale delle Aree Interne (SNAI). Si è tentato cosi di individuare tutte le zone periferiche sulla base di misurazioni spaziotemporali della loro distanza dai centri di erogazione dei servizi essenziali.

Si è però anche legiferato sulle zone montane, su quelle transfrontaliere e su quelle insulari, con, tra l’altro, la (re)introduzione, all’articolo 119, 6 comma della Costituzione, del principio di insularità. Si sono anche istituite le Zone economiche speciali (Zes) che, da ultimo, sono divenute una Zona unica per l’intero Mezzogiorno (Zes-Sud). Si è così tornati ad utilizzare questa macrocategoria che fino al 2001 era menzionata in Costituzione. Poi, con la riforma del titolo quinto, è stata espunta.

Dopodiché, ci si è accorti che talune aree del Paese hanno più fattori di penalizzazione in comune. Così, nel 2000, il Testo unico degli enti locali (art.29), ha previsto le “comunità isolane”, assimilandole alle comunità montane. Nel 2022 le isole minori sono diventate settantatreesima area interna del Paese (SNAI). Da ultimo, nel piano strategico della Zes-Sud, compare una sezione speciale dedicata a Sicilia e Sardegna, che rientrerebbero nel Mezzogiorno pur mantenendo una qualche specificità.

Non si è invece pensato di dare applicazione diretta alla normativa europea (art.174 TFUE) che richiede: “un’attenzione particolare .. alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, come le più settentrionali, con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna”.

Non lo ha fatto neppure la Ue, la quale ha adottato il criterio salomonico del 75% della media del PIL pro capite, per individuare le regioni arretrate, senza occuparsi del loro arretramento. Più semplice tentare di rimuoverne gli effetti, attraverso aiuti finanziari, che le cause, con politiche ad hoc.

Eppure la norma (art.174 TFUE), per quanto generica, è chiara: alcuni territori meritano più attenzione rispetto ad altri. Perché allora non individuare, in Italia, tutte le zone menzionate nella normativa europea e destinare loro specifiche misure di perequazione? 

Non si tratta di chiedere sempre più fondi. Conosciamo infatti la proverbiale inefficienza delle amministrazioni locali nel progettare investimenti, completare le procedure e spendere i fondi dedicati. Si tratta di varare provvedimenti che raggiungano direttamente gli utenti finali, cioè famiglie e imprese, consentendo loro di radicarsi e prosperare.

 Ciò è possibile solo attraverso una riduzione della pressione fiscale proporzionata ai fattori di ritardo di sviluppo menzionati dalla stessa normativa europea. E chi, come la Sardegna, cumula più fattori, morfologici e antropici, penalizzanti, potrà beneficiare di una maggiore riduzione della fiscalità.

E il Mezzogiorno? Diceva bene Gianfranco Viesti: aboliamolo. Sinoggi ha prodotto solo danni, specie a sé stesso.

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