Mentre la Sardegna brucia – Editoriale di Aldo Berlinguer su SardiniaPost

Mentre la Sardegna brucia

Ci risiamo. Ogni anno, come da copione, ripartono gli incendi e si consuma la solita tragedia. Quest’anno, a fine luglio, sono bruciati, in Sardegna, quasi ventimila ettari e con loro alberi centenari, animali e aziende agricole. Ma anche edifici ed auto, con centinaia di persone evacuate. Lapidari i commenti degli abitanti: negli ultimi quarant’anni nessuna prevenzione e nessuna programmazione dagli enti preposti.

Questi roghi, lo sappiamo, non sono un fenomeno solo sardo o italiano. In Amazzonia, nei primi sei mesi del 2021, gli incendi dolosi hanno distrutto 3.610 km2 di foresta, il 17% in più rispetto al 2020, per far spazio a pascoli di bovini e coltivazioni di soia per mangimi. L’Italia è uno dei principali importatori di carne e soia dal Sudamerica. Ha dunque ragione Greenpeace a chiedere alla UE di impedire il commercio di materie prime e prodotti legati alla distruzione di foreste ed ecosistemi di valore.

In Italia la situazione è diversa: il triste primato appartiene alle isole: dal 2009 al 2016 un ettaro su tre bruciati in Sicilia, uno su cinque in Sardegna. Qui gli interessi in gioco sono piccoli e spesso insulsi. C’è infatti l’endemica querelle tra operai forestali e Regione, che spesso sfocia in incendi dolosi finalizzati a procrastinare posizioni contrattuali spesso mal organizzate e gestite. Si aggiunga che, in Sardegna, prima del 2000, l’allora Azienda foreste demaniali (oggi FoReSTAS) assumeva le figure necessarie all’esecuzione dei lavori forestali. In seguito, l’Ente, per ragioni clientelari, ha scelto di assumere perlopiù profili generici. Per cui è presto sorto un contenzioso sulle mansioni affidate a chi non poteva svolgerle. Nel frattempo, l’adozione dei piani ripartimentali è rimasta bloccata e la campagna antincendi 2021 avviluppata nella più totale disorganizzazione.

La Regione Sardegna, dal 2005, non ha neppure più un sistema di rilevazione degli incendi. Quello con tecnologia Teletron, in uso in precedenza, aveva manifestato notevoli disfunzioni. Ed, anche qui, era sorto un contenzioso con la Regione sarda committente prima, e con i componenti della Commissione collaudo poi: contenzioso ancora pendente.

Infine, le misure di contrasto agli incendi, previste dal relativo piano regionale, lasciano anch’esse a desiderare. Da ultimo è stato infatti necessario ricorrere all’aiuto di Canadair inviati da Paesi “amici” quali, ad esempio, Francia e Grecia. I mezzi italiani non erano sufficienti, anche perché la Protezione civile e i Vigili del fuoco dispongono di una flotta composta da 19 Canadair CL415 schierati presso le basi di Genova, Roma e Lamezia Terme. Si tenga anche conto che i Vigili del fuoco, già il 19 gennaio 2021, hanno avviato la procedura per il rinnovo della flotta aerea ma i nuovi aerei non sono ancora arrivati.

Sorgono quindi alcune domande: per quali ragioni, per l’estate 2021, non siano state individuate come basi temporanee per i Canadair gli aeroporti sardi di Cagliari-Elmas e di Alghero-Fertilia; se il tempo impiegato dagli stessi mezzi per raggiungere l’isola sia stato fatale nell’emergenza di fine luglio; se si preveda un rafforzamento dei mezzi di contrasto agli incendi in Sardegna e su tutto il territorio nazionale.

Aggiungerei altri, banali interrogativi, ad esempio: per contrastare gli incendi, non esiste uno strumento tecnologicamente più adeguato del Canadair CL-415, ormai varato trent’anni fa? è ancora opportuno utilizzare l’acqua salata, la quale, per esperienza comune, alla flora non fa certo bene? Continuiamo con i rimboschimenti a base di eucaliptus, anche dove l’acqua scarseggia? Bastino, al momento, queste poche domande. Non vorremmo destare i nostri interlocutori dal loro profondo, duraturo, serafico sonno.

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